Cosolini Dipiazza

da “Il Piccolo” di Trieste del 9.6.2016, a firma di Piero Rauber

TRIESTE Aspettando che l’Unione torni a farci godere, accontentiamoci del clima da stadio – in particolare sui temi legati all’immigrazione – che si sta impadronendo della volatona a due verso il ballottaggio del 19 giugno dopo una campagna elettorale che, fino al primo turno della scorsa domenica, non è proprio passata alla storia per i decibel sputati dai candidati sindaco favoriti, complice anche il fair play tra gli stessi Roberto Dipiazza e Roberto Cosolini, attenti evidentemente a non farsi travolgere dall’onda grillina. Ora però Paolo Menis, il terzo incomodo, è fuori gioco. Così il tempo dei sorrisoni reciproci tra i due sfidanti rimasti in lizza è proprio finito. E lo si è percepito nettamente ieri sera al Savoia in occasione del confronto dell’Ande, l’Associazione delle donne elettrici della marchesa Etta Carignani, e affidato a un navigatissimo moderatore come l’avvocato Emilio Terpin, che ha usato pure il pugno duro con il pubblico al momento del bisogno.

Un incontro civile, questo sì, stravolto però a rate da una serie di scambi ravvicinati tra i due seguiti con passione e caricati ulteriormente da una sala pienissima di addetti ai lavori (politici e imprenditori) e gente comune, dove s’è distinta per una certa rumorosità una claque concentrata nelle ultime file, palesemente pro-Dipiazza.

A tirarla di più su di giri non è stato l’ex sindaco bensì quello in carica, quando per l’appunto si è toccato quello che dovrebbe essere, in realtà, uno dei tanti temi degni della campagna elettorale e invece la sta quasi monopolizzando: l’immigrazione.

Dipiazza, infatti, fino a quel punto aveva già parlato (un po’ lui e un po’ Cosolini) di questioni non certo di scarso interesse, come il ruolo delle donne nella società per dirne una, ma è riuscito a prendersi un uno-due di applausi più forte dal fondo sala quando ha prima ha attaccato «il gioco del rispetto» nel nome della triade valoriale «famiglia, patria e lavoro» e quindi ha predicato «consapevole», perché «dobbiamo dirlo con chiarezza», che per l’accesso ai servizi sociali ed educativi vengono «prima gli italiani».

Per i sostenitori è stato un gol. «Magari ci fate un applauso finale ad ambedue», ha ripreso i suoi Dipiazza con piglio risoluto tendendo idealmente la mano a quello che per tutta la sera ha continuato a chiamare «il sindaco uscente». Troppo tardi per Cosolini, che a quel punto aveva già deciso di affondare a sua volta il colpo: «Dev’essere chiaro che i fondi per l’accoglienza ai richiedenti asilo sono risorse che non fanno parte del bilancio del Comune, sono un’altra cosa e sono determinati da politiche dello Stato nell’ambito di accordi presi a livello internazionale. Del bilancio comunale fanno parte i soli servizi erogati ai cittadini di Trieste, che sono tali in base a delle leggi. Potremmo discutere se sono triestini doc o immigrati presenti in città da un certo tempo, ma sono cittadini di Trieste. La storia poi ci deve aiutare a ricordare che questa città è il frutto di più comunità che qui hanno messo radici». Apriti cielo. Il fondo sala prima e Dipiazza poi interrompono Cosolini. «Mi stai facendo un attacco, tu sai benissimo che quando uno ha un permesso di soggiorno può accedere ai servizi. Vergogna!».

Restituitagli da Terpin la parola, Cosolini insiste: «Non era un attacco a nessuno, lo sai che i servizi sono dedicati ad anziani, disabili e persone a rischio povertà, siano di centrodestra o centrosinistra non importa». «Chi è venuto qui per mettere radici con onestà ne ha il diritto, indipendentemente dalla sua provenienza», l’appendice di Cosolini con tanto di citazione del passato degli istriani in quanto «cittadini venuti a Trieste». Una citazione che scatenerà poi sui social gli strali di forzisti e leghisti e, seduta stante, la reazione del consigliere comunale rieletto Michele Lobianco, seduto in prima fila, polemico con Terpin che intanto cerca di riportare la calma in sala.

Gli animi sono caldi, troppo. Si teme il peggio, poi però si torna a sbollire. Fino in fondo, dove è invece Cosolini a fare il pieno di applausi da altre ali della sala, quando, al momento del «faccia una domanda allo sfidante» proferito da Terpin, chiede a Dipiazza: «È sempre deciso a decamberizzare Trieste come nel 2010?». L’applausometro si sposta. Dipiazza si fa serio: «Dobbiamo finirla di parlare male della politica, poi la gente si disaffeziona e non va a votare. La nostra democrazia prevede due coalizioni e si cerca di stare insieme al meglio. Mio nonno diceva sempre che le parole valgono poco perché contano i fatti, e io, di cose fatte quand’ero sindaco, ne posso vantare. Eppoi i fatti dicono che io domenica ho preso il 40% e tu il 28%». «Ti ricordo che nella democrazia che tu citi vincerà alla fine chi avrà preso un voto in più il 19 giugno», ribatte Cosolini. «Ma l’hai detto tu stesso che per te sarà molto difficile, l’ho letto sul giornale», la controreplica di Dipiazza.

Il confronto si chiude con la ridacchiata dei due. Intanto sulle Rive passa un ragazzo di colore, lo zainetto sulla schiena. Guarda oltre le vetrate del Savoia e si chiede probabilmente chissà che succede lì dentro. Non immaginerà certo che lì c’è gente che si rimbecca perché lui è tra noi.

 

Scintille tra Dipiazza e Cosolini, gli immigrati primo tema “caldo”